La regola del microstock è essere pagati in dollari. Per ogni 100 dollari guadagnati, le agenzie, molto onestamente, pagano a fotografi e videomaker 100 dollari. La forma di pagamento più comoda è, oggettivamente, PayPal. Il problema è che quei 100 dollari, nel momento in cui li convertiamo in euro diventano 97,5 e PayPal fa di tutto per evitare di dirci che sul cambio applica quella commissione.
Questo, consentitemelo, non è corretto. Ne ho già parlato in un altro articolo (leggilo), ma questa volta, con l’aiuto di altri produttori, propongo delle alternative concrete.
Il problema di fondo
Ricapitolando: se si imposta nella propria aree utente dei microstock il pagamento tramite PayPal:
le agenzie inviano a fotografi e videomaker esattamente la stessa cifra.
In altre parole, se nella vostra storia di produttori avete incassato 10 mila dollari, traguardo che i produttori migliori tagliano ogni mese ma che oramai anche tanti lettori di questo sito hanno raggiunto nella loro intera storia contributiva, al netto delle tasse alla fonte (leggi cosa sono), pur avendo ricevuto 1o mila dollari sul vostro conto PayPal, quando li avete convertiti in euro sono diventati 9.750.
Il problema è infatti che, se la vostra valuta è diversa dal dollaro, quando fate il cambio, PayPal si trattiene il 2,5% a titolo di commissione. Lo fa in un modo poco corretto, perché non applica il cambio reale e vi dice che ha trattenuto una commissione (come è legittimo che sia, essendo PayPal una società privata), ma applica un cambio già ricaricato di commissione, senza dirvelo. Quindi, se uno non va a leggersi il contratto di decine di pagine e non ha la calcolatrice sotto mano, non riesce a capire quanto sta pagando per il servizio, ma pensa che sia gratuito.
Ricordo che non è da sognatori chiedere di non pagare per un cambio valuta, perché tante banche già lo fanno.
I servizi simili a PayPal
Volendo riassumere la questione metodi di pagamento il mio parere è che PayPal abbia un sacco di difetti e, cosa meno importante, mi sta anche molto antipatica. Il problema è che non esiste un’alternativa migliore, perché i suoi diretti concorrenti sono anche peggio. Ho testato personalmente Skrill e mi segnalano che nemmeno Payoneer fa eccezione.
Payoneer
Payoneer funziona esattamente come PayPal, solo che quando si crea il proprio account è obbligatorio da subito associare:
- un iban
- o una carta di credito.
A proposito di conti correnti bancari. Risiedendo in Italia si possono aprire solo conti IT, ovvero in euro (anche se si seleziona l’opzione multicurrency, di cui parlo più avanti). La scappatoia sarebbe, per esempio, aprirne uno in Vaticano, dove è possibile usare sia conti in euro che in dollari, ma non so quale sia la procedura per farlo e nemmeno se si possa fare.
Con il conto italiano, se Payoneer prova a inviare dollari, la transazione fallisce. Devono quindi inviare euro convertiti da dollari. Nel momento della conversione applicano la commissione sul cambio del 2%.
Test
Un fotografo stock ha condiviso questi test sui pagamenti che ha ricevuto. Con il suo permesso li pubblico:
Sommando tutte le spese (fisse e percentuali), alla fine è evidente che Payoneer non convenga rispetto a PayPal.
Assegno
Purtroppo sia Pond5 che Shutterstock nel 2019 hanno eliminato i pagamenti con assegno. Non che farsi pagare in quel modo fosse l’alternativa perfetta, perché l’assegno, che viaggia posta con una busta non tracciata, ogni tanto va perso e quando succede bisogna chiederlo nuovamente, se ci si accorge che è successo. Se no lo si fa si perdono i soldi, perché per i microstock, se non si dice niente, l’assegno è considerato come pagato.
Usare quel metodo di pagamento è quindi una scocciatura in più, proprio perché bisogna monitorare se arriva. Nel caso si ricevano 2 assegni all’anno, come succede a chi guadagna poco vendendo foto online, può anche starci (a livello di scocciature, meno a livello di risparmi ottenuti). Se si contribuisce a decine di agenzie, come oggi è abbastanza facile fare grazie a servizi come Stocksubmitter o Everypixel DAM, la cosa diventa ingestibile.
In più, gli assegni vengono emessi alla fine del mese successivo. Quindi ci sono dei notevoli ritardi rispetto al pagamento PayPal, che invece arriva subito.
A tal proposito, riporto qui sotto l’esperienza di un produttore:
Canstockphoto mi ha mandato un assegno: 230 dollari, accumulati in più di un anno di vendite. A parte la miseria, la banca non lo ha accettato perché è in dollari americani e loro sono in Canada. Quindi l’ho rispedito indietro e mi hanno detto che ora, per stornarlo, mi tratterranno 30 dollari e poi mi faranno il pagamento su PayPal.
Invece Shutterstock, in passato, visto che adesso non lo fa più, mi spedì un assegno che poi andò perso.
Quando succede una cosa del genere, dopo 6 settimane puoi contestare lo smarrimento e te ne mandano un altro. Quindi possono volerci mesi per avere i soldi.
Ance per questo motivo il sistema assegni non è proprio indolore se qualcosa va storto.
Il conto in dollari negli USA
L’unico modo per evitare le commissioni PayPal sul cambio, è aprire un conto in dollari negli Stati Uniti e associarlo a un nuovo account PayPal statunitense, cosa estremamente difficile per un Italiano. Su internet è pieno di storie di produttori di microstock canadesi che, per evitare commissioni sul cambio, vanno fisicamente in una banca statunitense per farlo. Non è ben chiaro se un italiano in vacanza (ma se si guadagna tanto conviene anche andarci apposta) possa fare altrettanto rimanendo dentro le Leggi.
Il vero problema è infatti che PayPal chiede di associare il proprio account alla residenza in un certo Paese. Vivendo in Italia, non si può quindi aprire un account americano. Di conseguenza l’unico iban di conto corrente associabile è un IT e le commissioni sui dollari non si possono aggirare.
Sottolineo che dare dati falsi a PayPal è sconsigliabile, perché è illegale. Con tutto quello che comporta, con la Legge, ma anche con la possibilità che il conto (e i soldi al suo interno) vengano bloccati.
L’unica cosa che si può fare per compensare la commissioni PayPal è accumulare per mesi i dollari e convertirli quando l’euro è debole. Ma non è il lavoro di noi produttori stare attenti a queste cose. Noi dobbiamo produrre contenuti che vendono, non stare attenti al mercato delle valute.
Una strategia per risparmiare
Dal 2015, quando ho aperto il sito e ho cominciato a parlare della questione, ai miei tentativi di risparmiare le commissioni sul cambio si sono aggiunti quelli dei lettori. Ve ne riporto uno tra i più interessanti:
Io sto provando di tutto per risparmiare quelle commissioni: con assegni, ove possibile, e anche aprendo un conto corrente in dollari con la mia banca, ma PayPal non vuole inviarmi bonifici in valute diverse dall’euro. Sto anche inviando vari reclami alla loro sede, ma per ora nulla di fatto.
Il mio conto in dollari (multicurrency si chiama) l’ho aperto con la banca che ho sotto casa. Non è a costo zero perché ha delle spese fisse di circa 100 euro all’anno. E’ una cosa perfettamente legale e non può apparire sospetta all’agenzia delle entrate, anche se lo fanno in pochissimi. Se parli allo sportello, molti impiegati non sanno nemmeno che la loro banca ha quel prodotto.
Avendocelo, posso farmi arrivare bonifici in dollari o altre valute, ma non con PayPal. Mi costa 10 euro per ogni assegno o bonifico che ricevo, a cui bisogna aggiungere altri 10 euro per trasferire i soldi ad un conto in euro. Quindi solo se accumuli i pagamenti e li trasferisci a gruppi può essere conveniente.
Per quanto riguarda i microstock, io cerco di farmi mandare sempre assegni. Pond5 purtroppo dal 2018 non li prevede più, ma io ho anche altre agenzie su cui vendo le mie foto, quindi lo uso molto.
Una volta che accumulo 1000 dollari (o 2000 su Shutterstock, che è il massimo), invece di darne 25 (2,5% di commissioni) a PayPal, preferisco dare 10 euro alla banca. Non cambia la vita, ma è un risparmio.
Quello che possiamo fare è insistere con PayPal perché accetti anche i conti in divisa USD dall’Italia (il multicurrency, appunto). Ma è dura convincerli perché ti rimbalzano sempre ai loro call center e io non sono mai riuscito a parlare con qualcuno che abbia voglia di risolvere il problema.
Lo stesso vale per Payoneer: anche loro sono duri da convincere, ma se riuscissero a gestire i dollari sarebbero una soluzione alternativa a PayPal e forse alla lunga ci guadagnerebbero in termini di clienti, anche se alla fine vogliono comunque l’1% per farti il bonifico.
Spero che un giorno PayPal accetti anche i conti in dollari. Ho aperto anche una contestazione tramite www.resolver.co.uk, un team di legali inglesi che contatta le aziende per conto tuo per risolverti i problemi. In cambio utilizzano i dati raccolti per un controllo qualità.
Daniele Carrer
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